Un libro forte che affronta la tematica del pregiudizio. Il pregiudizio contro le donne, la limitazione della libertà e della dignità, gli sbagli che si commettono nella vita quotidiana quando non si riconosce alla donna la possibilità di ricoprire un ruolo importante e riconoscerla come tale.
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Un libro di Paola Di Nicola in cui affronta con decisione e coraggio ciò che ognuna di noi cerca di combattere ogni giorno. Un libro che dovrebbe essere letto da tutti, sia uomini che donne perché la battaglia non è solo della donna, ma di tutti. Tutti dovrebbero combattere per la libertà e la dignità.
In collaborazione con la HarperCollins.
Ho letto questo libro segnandomi le parti più forti del suo contesto, ed è finita che ho messo segnalibri ovunque. Si passa dalla Tokyo con i suoi manifesti rosa e la divisione dei binari per far venire meno le molestie in metro nell’orario di punta, a come un giudice possa capovolgere il ruolo della vittima con quella dell’imputato ponendo le domande sbagliate.
“Ma come ti sei vestita? Perché non hai urlato? Se non hai urlato significa che eri consenziente”.
Sin dal 1919 in Italia, le donne sono state ammesse all’esercizio di tutte le professioni e gli impieghi pubblici, con l’esclusione – non casuale – della difesa militare dello Stato e della magistratura. Fino al 1923 ci fu negato l’accesso come giudici perché ritenute incapaci, inadatte, squilibrate per via delle mestruazione e del pregiudizio millenario. Questi argomenti furono declamati da tanti, come prosopopea e senza giri di parole, proprio tra coloro che avevano scritto la Costituzione italiana nel 1948.
I problemi della regola grammaticale:
Se vogliamo parlare di posti di lavoro ricoperti sia da uomini che da donne non troveremo nessuna “anormalità” nel linguaggio quotidiano. E’ normale chiamate una donna cameriera e un uomo cameriere, oppure sarà normale il termine maestra e il termine maestro.
Ma cosa succede se saliamo nella scala gerarchica? La scala del potere, di riconoscimento sociale ed economico? Iniziano i problemi. Non vengono usati termine come magistrata ( già mentre scrivo questo articolo blog, il format mi segna che il termine “magistrata” sia sbagliata ), avvocata, notaia etc.
In contemporanea c’è l’assenza di uso del maschile con le parole casalingo, uomo delle pulizie e prostituto.
Il libro parla di vari aspetti: dal paragrafo le donne contro le donne, il pregiudizio prima del giudizio, le fimmine ribelli (sì, le donne dei mafiosi che vengono etichettate come donne al servizio degli uomini e non hanno nessun diritto se non quello di star al fianco del loro uomo “valoroso” e spericolato), madri o puttane (questo sdoppiamento della figura femminile in fedele moglie e madre oppure puttana è un paradigma che appartiene alla nostra cultura patriarcale, che nell’ambito mafioso viene solo esasperato. Essere madre vuol dire obbedire alla Legge del Padre e piegarsi, invece essere puttana è la rappresentazione dell’estremo tentativo di godere della propria libertà infrangendo le regole mafiose fissate dagli uomini per gli uomini e per la sola sopravvivenza dell’organizzazione criminale.), le molestie in italia non esistono (ne siamo proprio sicuri? in tutto il mondo esistono, come anche il Caso di una vip di Hollywood che è stata stalkerata e molestata da un suo fans) e arrivato al punto cruciale del discorso: DONNA, E’ TUA LA COLPA.
Avete mai pensato a quanto sia difficile per una donna denunciare una violenza? Il sentimento sincero e profondo di protezione che hanno le vittime nei confronti degli uomini che le picchiano e le umiliano sempre costituito un mistero per chi vive nelle aule di giustizia. Il senso di colpa è una delle più efficaci forme di controllo sociale femminile, nessuno di noi può essere del tutto immune, scrive negli anni 70 Adrienne Rich.
Perché non hai urlato?
Lo stereotipo per cui le donne esagerano, fanno di ogni cosa un dramma, si offendono subito, sono isteriche e squilibrate e talmente forte da deformare i fatti. La conseguenza immediata è che essere violentate diventa fare sesso con un uomo focoso a cui non sei riuscita a resistere; e sei molesto sul lavoro in discoteca e avere drammatizzato un apprezzamento di cui andare fieri; essere picchiata e non sono altro che dei verbi familiari.
In questo modo un giudice ha archiviato la denuncia una donna picchiata per anni confermando che l’uomo era stato violento, ma non ritenendo che questo fosse un elemento sufficiente per celebrare un processo in sé confronti perché la vittima se l’ostinata di stagli accanto e per di più era È colpevole di essere stata debole per aver sopportato.
Una sentenza del 2014 della Corte di cassazione concernente la violenza sessuale subita da una primario ospedaliero da parte il marito operaio, ubriaco, poche ore prima della sua partenza per Londra dove avrebbe seguito un corso di perfezionamento.il medico che ha visitato la vittima immediatamente dopo la violenza, aveva ritenuto di arrossamenti in sede vaginale compatibile anche con un rapporto consenziente; il giudice in un attimo aveva trasformato la potenza sensale del reato in un rapporto sessuale con un uomo passionale.
Delle donne abusate e molestate si dice che se la siano cercata, che siano volontariamente state in una condizione di pericolo, accettando le prevedibili conseguenze, senza sbatte la porta.
E’ possibile che nel 2021 tutto gira intorno a come una donna si sia vestita, che tipologia di atteggio abbia sfoderato durante la sua passeggiata mattutina e che mutande indossava? Possibile che una violenza non viene qualificata tale se la donna non ha urlato?
E’ impossibile, in sede di giudizio e oltre, pensare che se una donna non abbia urlato “aiuto” è solo perché ne era terrorizzata? E’ impossibile pensare che una ragazza o una donna adulta possa indossare un tangar senza per forza essere giudicata come “una donna che voleva provocare” un uomo? Che nesso c’è tra quale tipologia di mutande indossa una donna e la violenza che ha subito?
Questi problemi sono ancora presenti nella nostra società, aldilà di tutto, non sono battaglie solo per le donne, ma le battaglie che tutti dovrebbero combattere ogni giorno. Battaglie in cui anche l’uomo deve comprendere che ha un ruolo fondamentale per il raggiungimento della libertà e della dignità di una donna.