L’innocenza del buio

L’innocenza del buio è un nuovo horror italiano tutto da gustare per chi ama il genere.

Ci sono storie che hanno origine più antiche e non finisco mai per davvero. Questa è una di quelle

Un nuovo romanzo edito dalla Sperling & Kupler scritto da Roberto De Feo e Lucio Besana, riuscirà a trasportarvi in una storia che si alterna fra il 1919 e il 2019 ambientato in Italia. Un romanzo che cattura l’attenzione del lettore trascinandolo in una realtà scura e piena di misteri con dei ricordi che lasceranno delle macchie indelebili nei cuori dei ragazzi protagonisti.

Trama:

Dopo anni di ricerche, lo psichiatra infantile Christian Basili sembra aver trovato i soggetti che potrebbero avvalorare le sue teorie: quattro bambini che, pur non conoscendosi, condividono gli stessi ricordi di una vita passata. Frammenti sbiaditi degli anni trascorsi tra le due guerre in un castello al confine con la Francia, appartenuto ai coniugi Poitier. Matteo, Miriam, Kevin ed Erica si trasferiscono nel castello insieme a Christian e alla sua assistente Sara. Anche se non subito, l’esperimento si dimostra un successo: i ragazzi rammentano sempre più episodi della loro esistenza di un secolo prima. Memorie felici che presto, però, si rivelano un inganno: una forza oscura infesta il castello, un’entità misteriosa e crudele che vuole ridestarsi e tornare a fare del male.

Cosa ne penso?

L’innocenza del buio è un romanzo macchiato di inquietudine e maledizioni, racconta la storia di quattro ragazzi che vivranno nel loro tempo presente i ricordi di ragazzi sotto un altro nome che sono vissuti intorno al 1919 tra le due guerre e che avranno dei ricordi sbiaditi attinenti ad un castello e a una identità chiamata Madaime Poitier.

Le prime pagine si aprono presentando i vari i bambini e la vita che stanno vivendo nel 2019, ricordi che si mischiano con la realtà presente e un senso di inquietudine e di non appartenenza al posto che vivono insieme alle loro famiglie. Si inizia parlare di reincarnazione, di ricordi appartenenti a un tempo lontano, a bambini che iniziano ad avere nella loro mente e nel loro inconscio di ricordi sfumati che hanno bisogno di un mezzo per essere vissuti.

Lo sperimento si concentra sul far vivere per tre settimane questi ragazzi all’interno di un castello che rientra nei loro ricordi sbiaditi del 1919, il punto di connessione dello psicologo è quello di cercare un mezzo affinché i ragazzi possano riconoscere in maniera certa l’identità di quei nomi che rimbombano nella loro mente.

Un esperimento che dalle prime pagine sembra essere di interesse direttamente scientifico, con dei caratteri un po’ filosofici ma soprattutto che si concentrano nel fare un passo avanti per la scienza umana andando a parlare anche di concetti come reincarnazione, la possibilità di vivere una nuova vita e di mantenere i ricordi di quella precedente. Un mix di idee e di presupposti che rendono questo romanzo davvero innovativo e molto interessanti sotto tanti aspetti e sfumature, soprattutto per la tipologia di descrizione e di narrazione che viene utilizzata dai due scrittore.

Nulla è certo e niente è chiaro fino alle ultime pagine in cui lettore verrà investito da un carico di emozioni e di evoluzioni della storia davvero molto particolari e pieni di suspense.

Le vecchie storie narrate in tempo antichi se vengono trasportate nella nostra età, spesso, riescono a trasportare un significato: questo è il caso del pozzo e la strega, una storia che è il punto cruciale per l’avanzamento della narrazione e per i ragazzi che cercheranno di ritrovare la corda di connessione fra la loro realtà e quella vissuta nei cent’anni precedenti.

Ritengo che le storie più evocative sono quelli che hanno per protagonisti proprio dei ragazzi perché viene messo in gioco l’infantilità trasparente e innocua e la creatività della mente di un bambino ma anche le paure vive che un essere umano può conoscere. Un’esperienza diversa che potrebbe essere affrontata da un giovane adulto che non proverebbe le stesse emozioni e sensazioni di un bambino.

Pochi personaggi ma tutti i connessi in maniera molto logica, le memorie inizieranno grazie ad alcuni oggetti di collegate al passato, ad essere un punto di connessione e di elaborazione anche per lo sperimento. Un’ambientazione, come il castello, che è stato oggetto di ritrovo per bambini che sono stati abbandonati da genitori oppure sono orfani. Un punto in cui questi ragazzi possono definire casa e possono trovare la propria famiglia, ma cosa succede se quella famiglia inizia ad utilizzarti come strumento?

Roberto De Feo e Lucio Besana utilizzano una tipologia di narrazione alternante ossia tra il mondo reale e quello precedente, vi è una stretta connessione e riescono a realizzare il mix durante la struttura del romanzo, ossia non sono presenti dei capitoli appositi dedicati alla vita dei ragazzi del castello del 1919 e quello attinente al 2019, bensì sia un miscuglio di identità dei ragazzi di Matteo, Miriam, Kevin ed Erica alternati con le memorie di Chiara, Ennio, Gabriele e Irina.

La struttura stilistica la definirei poetica perché riesce ad avvolgere il lettore in maniera mistica e anche piena di inquietudine, facendo sì che lettore rimanga incollato alle pagine per ore e ore finché non termina l’ultima pagina, questa è stata un po’ la mia esperienza. Mi sono buttata a capofitto in questo romanzo horror in davvero pochissime ore e ne sono rimasta pienamente soddisfatta.