Creature dell’assenza

Oggi voglio parlarvi di un breve racconto che merita di essere letto “Creature dell’assenza” di Gloria Bernareggi (Autore)  Sephira Riva (Autore).

Creature dell'assenza - Gloria Bernareggi,Sephira Riva - copertina

Trama:

Estate 1996: è trascorso poco meno di un anno dal termine della guerra che ha portato all’indipendenza della Croazia. Nel paese di Preko, l’anziana Petra tenta di superare il lutto per la morte della suocera, sentendosi però isolata e incompresa, anche dal marito Joso. Ad alterare la loro routine, la nipote Marina: una giovane donna traumatizzata dalla morte prematura dei suoi amici durante il conflitto. Marina entrerà in contatto con una creatura dall’aspetto di bambina, Jadranka, l’incarnazione dell’assenza, che rappresenta il vuoto lasciato dai defunti ed entra con delicatezza nella quotidianità di chi sta cercando di imparare a gestire il proprio dolore e stabilire un nuovo equilibrio. Una scrittura limpida senza retorica e melodrammi: non una tragedia ma un delicato realismo magico che si coniuga con un vissuto storico e personale doloroso, fatto anche di atmosfere trasognate e sospese.

Cosa ne penso?

Mi sono sentita trasportata nel paese di Preko, in Croazia, in tempi lontani e troppo distanti dalla modernità. Siamo nel 1996.

La storia che narra di Petra e sua nipote Marina hanno avuto un impatto suggestivo verso la mia anima, tanto da riempirmi il cuore.

Un piccolo racconto di ottanta pagine circa che riesce a soddisfare l’interesse del lettore e lasciare un retrogusto amaro e dolce non facile da dimenticare.

La vita è fatta di lutti, tutti prima o poi ce ne andremo e spesso dietro a questo passaggio ci lasciamo delle briciole. Chi parla di anime che rimangono sigillate in uno spazio di limbo e chi parla di “assenza”.

Questo è il racconto di come Preta cerca di affrontare il lutto di sua suocera, che era come una seconda madre per lei e il dolore di Marina per la perdita degli amici. Un periodo brusco piene di guerre che hanno lasciato un odore di polvere e sangue che macchia le carni.

Preta una donna con le lunghe rughe sul viso, si crea uno scudo verso quel lutto così difficile da gestire e da digerire e non accetta di buon occhio sua nipote che per qualche tempo si stabilizzerà da lei. Una ragazza dai capelli ricci e molto vivace, ma che ha gli occhi spenti e cupi. 

Un rapporto che dalle prime pagine si presenta essere spezzato e ingestibile, un odio superficiale e una incompatibilità che porta le due donne a distaccarsi piano piano. 

Marina inizia ad avere delle visioni.

Visioni che derivano da un’ombra che si sposta in qualsiasi punto davanti a lei, prendendo forma di una ragazza dai capelli biondi. L’Assenza di quando qualcosa se ne va. Il suo nome è “Jadranka” è non è l’unica creatura esistente in quel paesino.

Marina inizia a trovare nella sua angoscia e tristezza, una luce di affetto da questa creatura che cerca di farle addolcire il sapore amaro della perdita con dei ricordi più gioiosi. 

Dopo aver assaporato il sapore salato delle acque nere nel mare, Marina, trova un modo per riprendersi la sua felicità.

Jandraka diventa il punto di connessione tra la zia e la nipote, che nonostante i due caratteri differenti e i loro lutti distanti, trovano il loro equilibrio. 

Un rapporto che inizia a maturare e affievolire, creando dolci note di quotidianità. 

Petra affronta il suo dolore, così come lo fa Marina ma entrambe sanno che tutti prima o poi lasceremo questa terra.

Un breve racconto soddisfacente che riesce a catapultarti in quel paesino con le vecchie tradizioni e con creature particolari. Una storia di famiglia che trova noti dolenti e si muove come una barca in mezzo alla tempesta per trovare il suo molo di sicurezza. Un racconto che mette alla luce la necessità, a volte, di saper cogliere e abbracciare quel dolore e quello che ne rimane.

Volevo complimentarmi con le autrici Gloria Bernareggi e Sephira Riva sia per aver creato un breve racconto di grande intensità, ma anche per avermi dato questa opportunità unica di viaggiare tra le sue pagine.

Lontananza

In questo articolo blog vi parlerò con il cuore di un titolo che mi ha completamente catturato sotto molti punti di vista. La fragilità e la forza d’animo che emana Vigdis Hjorth con le sue parole, riesce a farvi immergere nella profondità dell’adolescenza e dei problemi con sé stessi e con i propri genitori.

lontananza

Trama:

Dopo Eredità, che ha reso celebre l’autrice a livello internazionale, torna Vigdis Hjorth con il suo ultimo romanzo: una nuova storia di famiglia in cui le bugie, i silenzi e i segreti si sciolgono lentamente sotto il flebile sole norvegese dopo decenni di gelo.

Johanna torna in Norvegia dopo trent’anni di assenza e, rompendo il divieto di contattare la famiglia, telefona alla madre, che ormai ha ottantacinque anni ed è vedova. Nessuna risposta. Per i suoi parenti Johanna non esiste più: è morta quando, appena sposata, studentessa di Legge per volere del padre avvocato, ha mollato tutto per diventare pittrice e si è trasferita nello Utah con il suo professore d’arte, con cui ha avuto un figlio. Johanna ormai è un’artista piuttosto quotata, ma persino i soggetti dei suoi quadri scatenano l’ira dei familiari, che in essi vedono una denigrazione ulteriore nei loro confronti, soprattutto per il modo in cui viene raffigurata la madre. Sono tanti gli argomenti rimasti insoluti che hanno condizionato Johanna nella sua vita di figlia, di donna, di artista e di madre: nella sua mente affiorano antichi ricordi di una donna all’apparenza leggera, spensierata, bellissima, ma quando riesce finalmente a spiegarsi alcuni episodi sconcertanti di cui è stata spettatrice, capisce che la madre non faceva che nascondersi dietro una corazza di convenzioni. Finché il lunghissimo silenzio fra le due donne si spezzerà in maniera violenta in un ultimo, spietato confronto.

Cosa ne penso?

Lontananza è un romanzo verso se stessi.

La lettura di questo romanzo si concentra nella narrazione di sentimenti ed emozioni di vita di una donna che dopo aver passato la sua intera esistenza ad aver perso piccole parti di sé stessa relative alla sua connessione con la figura materna e paterna che hanno comportato una grande evoluzione del suo essere, se riesci a percepire per tutta l’andamento della scrittura come le percezioni e riescono a uscire fuori ed entrare nel cuore del lettore.

Ti trovi in poco tempo, catapultato in un romanzo che tiene sulle spine, romanzo pieno di pensieri ed emozioni negative e che si sviluppano piano piano insieme al passare del tempo e alla crescita della protagonista.un distacco dei classici valori acquistiamo abituati dar conto, come se non andate accordo con un familiare fosse una cosa sbagliata, un concetto che è impossibile accettare.

Un romanzo dalle corde dolci e amare.

Un romanzo dalle spine velenose.

E’ una valanga di agitazione. E’ una connessione verso l’anima.

La protagonista, tra quelle pagine di diario, cerca di trovare indizi per sé stessa e per comprendere se alla fine della sua esistenza, il rapporto con la madre e la sorella può essere risanato. La sua arte urla resistenza, urla rancore, urla tante di quelle emozioni che chi le osserva si sente offeso.

La prospettiva del narratore è quella di Johanna e lei cerca di indovinare, tra un pensiero e l’altro, cosa fa la sua famiglia, cosa pensano e se sua sorella e sua madre la pensano. Non incontra sua madre da 30 anni ma ora Johanna vuole parlare con sua madre, ma sua sorella è contraria. 

Johanna ha fatto delle scelte che l’hanno allontanata dalla famiglia.
Non è diventata moglie di un avvocato come sua madre, e non è diventata una figlia obbediente come la sorella.

Lontananza riesce a mostrare la parte più dolorosa dei sentimenti, la parte più illusoria dei pensieri.

“Chissà cosa sta facendo mentre è distesa sul suo letto e guarda il soffitto” . Pensieri confusi, pensieri destinati all’esistenza che per tempo ha soffocato il suo io.

Il rincorrere pensiero dopo pensiero qualcuno che ti ha eliminato dal cuore. Percorrere il dolore di una infanzia marcia, di una infanzia andata in fumo. Dove il tuo io, non è davvero tuo ma di qualcun altro perché se non sei come vogliono loro allora non puoi essere nessuno.

Testa bacata” ti senti dire tra i sussurri delle urla e poi ti convinci davvero. Ami l’arte ma loro ti dicono che sia sbagliata, ti fai trascinare dalle volontà altrui e poi… poi ritrovi la luce, ritrovi te stessa ma agli altri non vanno bene, non importa se siano la tua mamma e il tuo papà, a loro non va bene se non segui i loro obblighi, e non consigli.

Fino all’ultima pagina, tu lettore, non saprai mai dove Vigdis Hjorth con questa storia voglia portarti. E’ un mistero, il mistero dei misteri.

Tu sei lì, inerte, a leggere pagina dopo pagina dei sentimenti non tuoi ma che in alcuni pezzi sono stati assorbiti dalla tua anima.

Sei lì a leggere del dolore altrui, di un’altra persona, di un’altra vita e non puoi far niente. A volte ti verrà voglia di urlare e chiedere alla protagonista ‘che diamine stai facendo?’, altre volte vorresti chiudere il libro e imprecare dicendo ‘No, non è possibile’, ma queste realtà esistono.

Esistono realtà rotte da piccole parole che diventano grandi fino ad essere addii.

Un racconto che narra della frattura tra una madre e una figlia, un dolore e un rancore che neanche il tempo è riuscito a sanare. Non sempre il detto ‘il tempo cura le ferite’ può risultare efficace.